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IL PROBLEMA DEL BICAMERALISMO - MONOCAMERALISMO NEL QUADRO DI UNA ANALISI STRUTTURAL-FUNZIONALE DEL PARLAMENTO

Published online by Cambridge University Press:  14 June 2016

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Introduzione

Il problema dell'alternativa tra monocameralismo e bicameralismo é stato uno dei temi classici della letteratura politico-costituzionalistica del passato; ha invece ricevuto solo un'attenzione sporadica da parte della recente letteratura politologica. Eppure il tema è di attualità, Dall'ultimo dopoguerra ad oggi, almeno tre paesi europei si sono dati una costituzione che prevede un Parlamento bicamerale: Francia, Germania Federalee Italia. Altri tre paesi sono passati dalla forma parlamentare bicamerale a quella monocamerale: la Nueva Zelanda nel 1950, la Danimarca nel 1953, e la Svezia nel 1968. Inoltre tanto in Gran Bretagna nel 1949, e successivamente in altre occasioni, quanto in Francia nel 1968-69, con il progetto di De Gaulle di riforma del Senato, si è seriamente parlato di riforma del sistema bicamerale. Mi sembra quindi che il tema meriti di essere ripreso, e che convenga esaminarlo comparativamente mediante l'approccio di analisi struttural-funzionale.

Type
Saggi
Copyright
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References

1. Sul significato ed il senso dell'analisi segmentale si veda quanto dice Sartori, Giovanni, La politica comparata: premesse e problemi , in « Rivista Italiana di Scienza Politica », I (1971), pp. 5255, che distingue diverse accezioni del concetto di funzione a seconda appunto del livello di analisi. Quanto all'aspetto della comparazione si veda la difesa dell'approccio « segmentale » condotta da Joseph La Palombara nel saggio Parsimony and Empiricism in Comparative Politics: An Antischolastic View , in Holt, Robert T. e Turner, John E., (eds.), The Methodology of Comparative Research, New York, The Free Press, 1970, pp. 132 sgg.Google Scholar

2. Cfr. in questo senso Sartori, Giovanni, Political Development and Political Engineering , in Hirschmann, Albert O. e Montgomery, John D., (eds.), Public Policy, Cambridge, Harvard University Press, 1968, vol. XVII, pp. 265 sgg. e 272 sgg.Google Scholar

3. Su questo punto si veda Riggs, Fred, Legislative Structures: Some Thoughts on Elective National Assemblies, (mimeo.), marzo 1970, p. 1, nota 1, e Sartori, La politica comparata, cit., pp. 55–57.Google Scholar

4. Sui molti problemi dell'analisi struttural-funzionale si rinvia al volume collettaneo a cura di Demerath, N. J. e Peterson, Richard A., System, Change and Conflict, New York, The Free Press, 1967; in particolare, per la definizione di alcune espressioni che si sono usate, come structural constraint o « alternativa strutturale » si veda nello stesso volume il saggio di Ernest Nagel, Formalization of Functionalism, pp. 87–91.Google Scholar

5. L'argomento è ampiamente trattato da Lijphart, Arend, Il metodo della comparazione , in « Rivista Italiana di Scienza Politica », I (1971), pp. 6792; cfr. anche Urbani, Giuliano, Metodi, approcci e teorie, in Antologia di scienza politica, a cura di Giovanni Sartori, Bologna, Il Mulino, 1970, p. 40.Google Scholar

6. Definirei l'area come quell'insieme di sistemi politici il cui « quadro sistemico » è abbastanza simile da potersi dare come sottinteso in relazione al segmento politico in considerazione. Una definizione simile, non « geografica » ma « politica », dovrebbe superare le obiezioni mosse da D. Rustow al concetto di area a motivo della natura « obsoleta » della connotazione geografica, in Modernization and Comparative Politics , in « Comparative Politics », I (1968), pp. 4547. Da questo punto di vista una tipologia dei regimi politici del genere di quella proposta da Samuel E. Finer (Comparative Government, London, Allen Lane, 1970, pp. 575 sgg.) potrebbe servire per una delimitazione iniziale delle aree « politiche ».Google Scholar

7. Con la parola « avanzati » si intende in genere far riferimento ai processi di sviluppo socio-economici, quindi a variabili non direttamente politiche; esse però sono indirettamente rilevanti dal punto di vista politico se pensiamo all'importanza che hanno nella determinazione dei « carichi » di un sistema politico.Google Scholar

8. Idealmente l'analisi politica dovrebbe arrivare a determinare tabelle delle interdipendenze settoriali analoghe a quelle introdotte da Wasili Leontief nello studio del sistema economico.Google Scholar

9. Cfr. supra nota 3.Google Scholar

10. Riggs, Fred, The Comparison of Whole Political Systems, in Holt, e Turner, (eds.), op. cit. , p. 93.Google Scholar

11. Cfr. Riggs, , Legislative Structures, cit., pp. 5 sgg. La presenza di elementi « contestuali » in questa definizione accanto ad elementi strutturali non crea gravi problemi (come la presenza di elementi funzionali) nella misura in cui oggetto dell'analisi sono le correlazioni tra strutture e funzioni e non tra strutture e contesto.Google Scholar

12. Con l'espressione « sistema poliarchico » intendo — e mi pare che anche Riggs intenda — indicare una situazione non gerarchica (o perlomeno limitatamente) ed essenzialmente policentrica. Non mi riferisco alla definizione di polyarchy di Robert A. Dahl che ha per referente il sistema politico globale, in A Preface to Democratic Theory, Chicago, University of Chicago Press, 1956, p. 84, anche se evidentemente dei legami ci sono.Google Scholar

13. A seconda del livello di osservazione il significato di « struttura » ha un'intensità diversa. Al livello piú alto ci interessa la struttura relativamente « rarefatta » di un sistema di strutture che hanno ciascuna una propria spiccata individualità; al livello piú basso struttura sta a designare un insieme piú compatto, un membership system quale è una assemblea parlamentare. In proposito si veda Sartori, , La politica comparata, cit., pp. 6162.Google Scholar

14. Per capire ciò che significa nelle realtà sociali il concetto di struttura, dobbiamo avere in mente — per usare delle immagini tratte dal mondo della fisica — piú che il fenomeno della fusione di un metallo in uno stampo (che poi si leva e lascia una impronta fissa) quello di un flusso di particelle in un campo magnetico (in questo caso infatti il modello secondo cui si orientano queste particelle è determinato dalle forze applicate non puntualmente ma continuativamente su di esse). Cosí le strutture sociali sono regolarità di comportamenti che si determinano in ragione di certe forze applicate sugli individui (e saranno le piú varie: norme culturali, giuridiche, ricompense, minacce, valori, altre strutture, ecc.).Google Scholar

15. Uso per comodità questa formula abbreviata: in realtà essa sta per la piú lunga espressione « sistemi di camere parlamentari ».Google Scholar

16. Per una panoramica sulla recente letteratura scientifica relativa ai parlamenti si veda Patterson, Samuel C., Comparative Legislative Behavior: A Review Essay, in « Midwest Journal of Political Science », XII (1968), pp. 599616 e anche Robert A. Packenham, Legislatures and Political Development, in Kornberg, Allan e Musolf, Lloyd (eds.), Legislatures in a Developmental Perspective, Durham, Duke University Press, 1970, pp. 547 sgg., che distingue sei campi di ricerca: a) il contesto del parlamento; b) i backgrounds socio-economici, la forma del reclutamento, gli attributi dei parlamentari; c) il funzionamento interno; d) il funzionamento e le relazioni esterne; e) le percezioni di ruolo dei parlamentari; f) le funzioni del parlamento nel sistema politico.Google Scholar

17. Per un possibile esempio di una suddivisione su base locale si veda l'esame di una state delegation del Congresso americano in Alan Fiellin, The Functions of Informal Groups: A State Delegation, in Peabody, Robert L. e Polsby, Nelson W. (eds.), New Perspectives on the House of Representatives, Chicago, Rand McNally, 1963. Qui, sia ben chiaro, si vogliono intendere dei raggruppamenti reali: non basta cioè che alcuni parlamentari presentino delle caratteristiche comuni che ne facciano una categoria sociologica, si richiede che sia presente anche un minimum organizzativo perché rilevino ai fini della nostra analisi.Google Scholar

18. In alcuni casi (per gli Stati Uniti ad esempio) è stato possibile elaborare tecniche abbastanza soddisfacenti e precise per misurare questo fenomeno, facendo ricorso all'analisi dei roll calls, che a differenza di molti paesi europei costituiscono la forma piú comune di voto; su questo argomento si vedano vari contributi in Wahlke, John e Eulau, Heinz (eds.), Legislative Behavior, Glencoe, The Free Press, 1959.Google Scholar

19. Una ricerca comparata sulle commissioni parlamentari in undici paesi (compresi nell'area delle liberal-democrazie) è in corso di svolgimento sotto la direzione di John Lees e Malcom Shaw.Google Scholar

20. Questo ultimo problema è affrontato in modo specifico in Kornberg, e Musolf, (eds.), op. cit., passim e anche, limitatamente agli Stati Uniti, in de Grazia, Alfred (ed.), Congress: the First Branch of Government, Garden City, Doubleday, 1967, in cui vedi specialmente Robinson, James A., Decision-Making in Congress, pp. 244–281.Google Scholar

21. La letteratura sull'argomento è diventata ormai imponente; per un quadro riassuntivo si rimanda a Patterson, op. cit. Google Scholar

22. Cfr. Wahlke, John et al., The Legislative System, New York, Wiley, 1962.Google Scholar

23. Per la distinzione tra « rappresentatività » e rappresentanza come « responsabilità » cfr. Sartori, G., voce Representational Systems in International Encyclopedia of the Social Sciences, New York, Collier-Macmillan, vol. 13, 1968 (trad. it. in appendice a Sartori, Democrazia e definizioni, Bologna, Il Mulino, 19692, pp. 361-2). Col termine professionalizzazione si vuole far riferimento all'affermarsi dell'attività politica e parlamentare come attività principale e di sostentamento (perciò professionale e non dilettantesca) della classe politica nella sua maggioranza. Sullo sviluppo di questo processo nel caso particolare italiano si veda Sartori et al., Il Parlamento italiano, Napoli, ESI, 1963, pp. 323-31. Ma quando si parla di professionalizzazione si vuole a volte fare riferimento anche a certe caratteristiche della carriera del personale parlamentare: passaggio attraverso cariche partitiche o altre cariche politiche locali, durata in carica, ecc. (cosí Kornberg, Parliament in Canadian Society, in Kornberg e Musolf [eds.], op. cit., pp. 118 sgg.).Google Scholar

24. È possibile che un paese politicamente « nuovo » si dia una struttura parlamentare altamente sofisticata ad imitazione di un paese « vecchio »; è molto probabile però che gli effetti siano diversi: il « personale » che fa funzionare quel parlamento non è infatti lo stesso. Si pensi a certe esperienze di paesi ex-coloniali.Google Scholar

25. Su questa funzione dei partiti, ritenuta anzi la loro caratteristica distintiva, cfr. Epstein, Leon D., Political Parties in Western Democracies, London, Pall Mall Press, 1967, pp. 77–9.Google Scholar

26. Sul problema della traduzione e della manipolazione operate dai diversi sistemi elettorali si veda Fisichella, Domenico, Sviluppo democratico e sistemi elettorali, Firenze, Sansoni, 1970, pp. 121136.Google Scholar

27. Cfr. Sartori, , Tipologia dei sistemi di partito , in « Quaderni di sociologia », XVII (1968), pp. 187226.Google Scholar

28. Riggs, , op. cit. , pp. 21 e 24-30.Google Scholar

29. Nel sistema partitico italiano, ad esempio, si dovrebbero considerare tanto le normali correnti che altri gruppi a sfondo un po' diverso: ad es. i « bonomiani » nella DC e i gruppi sindacalisti nei vari partiti. È pensabile che tra gruppi corrispondenti di partiti diversi si creino in determinate situazioni delle convergenze, ma, dato che l'etichetta di partito resta incontrastata nelle elezioni, continuiamo a considerarli dei sottogruppi rispetto ai partiti.Google Scholar

30. Per questa interpretazione del parlamento come una delle arene politiche si veda Sjöblom, Gunnar, Party Strategies in a Multiparty System, Lund, Studentlitteratur, 1968, pp. 250 sgg. Per la definizione di « arena » si veda Harold D. Lasswell e Abraham Kaplan, Power and Society, New Haven, Yale University Press, 1950, pp. 78-9, trad. it. Potere e società, Milano, Etas Kompass, 1969, pp. 93–95.Google Scholar

31. Sul tema dell'autonomia delle commissioni come uno degli indici fondamentali della « istituzionalizzazione » dell'intero parlamento si veda quanto osserva Polsby, Nelson, The Institutionalization of the U.S. House of Representatives , in « American Political Science Review », LVIII (1968), pp. 156 sgg.Google Scholar

32. Questo è uno dei punti su cui meglio vengono alla luce le differenze di prospettive di fondo dei « riformatori » dei rispettivi parlamenti; i quali a seconda del modello ideale a cui si ispirano — quello dell'uncompromising government o quello del governo negoziale — propongono il ridimensionamento o il rafforzamento del ruolo delle commissioni. Per il secondo punto di vista si veda ad es. de Grazia, (ed.), op. cit., passim. Google Scholar

33. Come è messo bene in luce in Meynaud, Jean, Les groupes de pression, Paris, P.U.F., 1962, p. 54, non si tratta di fattori irrilevanti in un'epoca in cui la conoscenza è uno strumento di potere e a volte i responsabili pubblici devono dipendere dalla documentazione fornita da gruppi d'interesse privati. Il tema generale della burocratizzazione del parlamento è stato di recente esaminato nel volume collettaneo a cura di Kornberg e Musolf già citato.Google Scholar

34. In relazione a queste difficoltà è da mettere l'accusa che viene spesso rivolta allo struttural-funzionalismo di contrabbandare sotto forma di asserzioni scientifiche giudizi di valore conservatori. Contra si veda Merton, Robert, Manifest and Latent Functions, in Demerath, e Peterson, (eds.), op. cit. , pp. 2737.Google Scholar

35. Mi riferisco al citato volume curato da Kornberg, e Musolf, , Legislatures in Developmental Perspective, un lavoro non di comparazione ma di giustapposizione non sistematica di analisi di singoli paesi, messe a fuoco essenzialmente sul tema delle funzioni del parlamento.Google Scholar

36. Almond, Gabriel A. e Bingham Powell, G., Comparative Politics, Boston, Little Brown, 1966, trad. it., Politica comparata, Bologna, Il Mulino, 1970, pp. 187–199.Google Scholar

37. Cfr. Sartori, , La politica comparata, cit., pp. 5960.Google Scholar

38. È sintomatico che anche regimi politici non democratici non manchino di qualificare come rappresentativi gli organismi assembleari di cui sono forniti.Google Scholar

39. Per questo argomento del « viaggio » compiuto dalle domande politiche, attraverso varie vicende e trasformazioni, si rimanda a Easton, David, A Systems Analysis of Political Life, New York, Wiley, 1965, pp. 70140, che lo ha esaminato a fondo.Google Scholar

40. Stabilire quale è il carico di bisogni di una società, sulla soglia del sistema politico, a monte dei processi di articolazione e aggregazione politici è tutt'altro che semplice; la rilevazione empirica delle domande tende in genere ad essere fatta (perché piú facile) a valle di questi processi, il che naturalmente ci impedisce di valutare correttamente come e quanto questi processi abbiano operato. Una idea approssimata dell'« a monte » si può avere partendo dall'analisi morfologica di certe situazioni economiche, sociali, ecc., e « presumendo » che in genere uguali situazioni diano luogo ad uguali carichi di bisogni. Su questa base si può cercare di valutare comparativamente il successo dei processi riduttivi. Per questo problema si veda Deutsch, Karl, The Nerves of Government, New York, The Free Press, 1966, pp. 125–6.Google Scholar

41. Kaiser, Josef H., Die Repräsentation organisierter Interessen, Berlin, Duncker e Humblot, 1956, pp. 354–5: « … die organisierte Interessenwahrnehmung als solche, in der unendlichen Vielfalt ihrer Formen und gegenüber den verschiedenen Adressaten, (ist) selbst eine Art Repräsentation, keine institutionelle, sondern eine faktische Repräsentation… ».Google Scholar

42. Cfr. Sartori, , Sistemi rappresentativi, cit., p. 356.Google Scholar

43. Sulle Commissioni svedesi si veda Meijer, Hans, Bureaucracy and Policy Formulation in Sweden , in « Scandinavian Political Studies », IV (1969), pp. 103–16; e Andrèn, Nils, Modern Swedish Government, Stockholm, Almqvist and Wiksell, 1961, cap. X.Google Scholar

44. Su questo punto si veda l'analisi del caso italiano in Predieri, Alberto, La produzione legislativa , in Sartori, et al., Il Parlamento italiano, cit., pp. 213 sgg.Google Scholar

45. Su questa funzione si vedano Almond, e Powell, , op. cit., pp. 149 sgg., e Easton, , A Systems Analysis of Political Life, cit., pp. 129 sgg.Google Scholar

46. Ciò può accadere sia nel caso di un sistema di pluripartitismo estremo che nel caso di una forte frammentazione interna dei partiti. Di fronte ad un filtro partitico che lascia passare molto a valle, una risposta strutturale può essere fornita da una articolazione complessa del parlamento in commissioni (è l'esempio americano); a questo punto però non si opera piú nel senso di una riduzione preventiva delle alternative, ma nel senso di un aumento delle capacità decisionali del sistema.Google Scholar

47. È all'idea di rappresentanza che si deve far risalire la responsabilità di questa situazione; essa infatti postula un meccanismo istituzionalizzato di agganciamento dei due flussi, rispettivamente in ascesa e in discesa, dei « messaggi » politici.Google Scholar

48. La terminologia di Almond sembra però ricalcare la distinzione tradizionale. La distinzione se è ineccepibile sul piano teorico, nella pratica crea però problemi non indifferenti di identificazione dell'uno o dell'altro fenomeno. Essa è troppo netta infatti per trovare riscontro nella realtà.Google Scholar

49. Ranney, Austin, (ed.), Political Science and Public Policy, Chicago, Markham, 1968, pp. 67; piú sintetica la definizione in Lasswell, e Kaplan, , op. cit., « Policy is a projected program of goal values and practices ». Nell'idea di policy si può far rientrare tanto un programma di vasta estensione, complessità e durata, che interventi piú limitati e isolati.Google Scholar

50. Per una categorizzazione analoga, che supera quella tradizionale, si veda ad es. Sternberger, Dolf, Gewaltenteilung und parlamentarische Regierung in der Bundesrepublik , in Kluxen, Kurt (ed.), Parlamentarismus, Berlin, Kiepenheyer e Witsch, 1967, pp. 336–7; egli distingue tra Politik Bestimmen (determinazione della politica) e Politik Ausführen (attuazione della politica). Nel concetto di Politik Sternberger include tanto la allgemeine Gesetzgebung (legislazione generale) che le einzelne Situationentscheidungen (provvedimenti singoli); e infine distingue nell'ambito del Politik Bestimmen una beratende Gewalt (potere di consiglio) che ricadrebbe sul parlamento e una entscheidende Gewalt (potere di decisione) che spetterebbe al governo.Google Scholar

51. Cfr. l'esame della funzione di decision-making e degli strumenti istituzionali ad essa relativi in Robinson, , Decision-Making in Congress, in de Grazia, A. (ed.), op. cit. , pp. 244280. Robinson scinde analiticamente il processo di policy-making in sette fasi: 1) raccolta di elementi conoscitivi (intelligence gathering); 2) elaborazione di alternative (promotion of alternatives); 3) deliberazione e scelta di una alternativa (enactment); 4) proclamazione della scelta (invocation); 5) applicazione alle situazioni concrete (application); 6) valutazione della bontà della politica scelta (appraisal); 7) revisione o conclusione di una politica.Google Scholar

52. Si tratta del tema assai grosso, e che qui viene toccato solo di striscio, della tecnocrazia, ovvero del rapporto tra potere politico e potere dei tecnici, degli esperti; cfr. Meynaud, Jean, La technocratie. Mythe ou réalité?, Paris, Payot, 1964, trad. it., La tecnocrazia, Bari, Laterza, 1966.Google Scholar

53. Si vedano, in Robinson, , op. cit. , p. 249, i dati sulla iniziativa legislativa, relativamente agli Stati Uniti, indicanti un progressivo prevalere della presidenza anche in un paese in cui il parlamento è tutt'altro che un'istituzione atrofizzata. Naturalmente le cifre che contano semplicemente le leggi (o altri atti) vanno sempre considerate soltanto uno degli indicatori a cui fare ricorso.Google Scholar

54. Quando si parla di caratteristiche come queste (razionalità, coordinazione) bisogna sempre avere a mente un concetto relativo e non assoluto. Non mancano studi che mettono in luce come anche gli esecutivi piú potenti incontrino notevoli difficoltà nel mantenere un controllo unitario e coordinato sui vari organismi burocratici che li compongono e quindi sul policy-making (cfr. Huitt, Ralph, Political Feasibility in Ranney, [ed.], op. cit. , pp. 269–70).Google Scholar

55. Questo problema — e le sue relazioni con le caratteristiche delle opposizioni — è stato di recente affrontato da Graham, George, Consenso ed opposizione: una tipologia delle opposizioni legittime ed illegittime , in « Rivista Italiana di Scienza Politica », I (1971), pp. 103119.Google Scholar

56. Riprendo la nozione di policy-system da Huitt, , op. cit. , p. 272; questo autore nota inoltre che tra policy-systems diversi, cioè relativi ad aree di interesse diverse, può esistere una non interferenza reciproca quasi assoluta che giustifica una trattazione autonoma degli stessi.Google Scholar

57. L'argomento non è certo nuovo; si può dire che da sempre si sono levate recriminazioni sulla decadenza parlamentare, anche se nel periodo tra le due guerre mondiali si è forse raggiunto l'apice. A testimonianza di questo « pessimismo parlamentare » si leggano certe considerazioni di Carl Schmitt, ad es. nel saggio Die Prinzipien des Parlamentarismus , in Kluxen, (ed.), Parlamentarismus, cit., pp. 4053.Google Scholar

58. In certi settori di policy — penso ad esempio alla politica economica ed ancor piú alla politica estera — la maggioranza delle decisioni non sono contenute in atti « parlamentari », bensí in atti « governativi » o di altri enti. L'influenza parlamentare in questi settori si esercita in modo solo indiretto, anche se non necessariamente inefficace.Google Scholar

59. Considerando il governo nella sua veste di « esecutore » delle decisioni politiche si avrà un'altra figura di controllo che esaminerò piú avanti.Google Scholar

60. È partendo da questo punto di vista che de Grazia giustifica la sua vigorosa difesa del ruolo del Congresso nel sistema politico americano (Toward a New Model of Congress, in de Grazia, (ed.), op. cit. , pp. 1823).Google Scholar

61. La teoria matematica dei giochi distingue: « giochi a somma nulla » nei quali una parte vince quello che l'altra perde, e « giochi a somma positiva » nei quali tutte le parti possono vincere qualcosa; cfr. von Neumann, John e Morgenstern, Oskar, Theory of Games and Economic Decisions, Princeton, Princeton University Press, 1944, pp. 46 sgg. Google Scholar

62. Cfr. in questo senso, tra gli altri, Almond, e Powell, , op. cit. , p. 196. Per un esame di diversi criteri di classificazione dei settori di policy si veda Salisbury, Robert H., The Analysis of Public Policy: a Search for Theories and Roles , in Ranney, A., op. cit., pp. 155 sgg., e Froman, L., The Categorization of Policy Contents, in ibidem, pp. 46-52. Salisbury avanza inoltre l'ipotesi che il prevalere di un certo tipo di politica (distributiva, redistributiva, regolativa, o auto-regolativa, secondo la sua tipologia), sia legato alle caratteristiche di frammentazione/integrazione tanto del sistema decisionale che dell'aggregato della domanda (demand pattern) (ivi, pp. 165-174).Google Scholar

63. Cfr. il recente saggio, esplorativo come l'autore stesso ha cura di precisare, Blondel, Jean et al., Legislative Behavior: Some Steps towards a Cross-National Measurement, in « Government and Opposition », V (1969-70), pp. 6785. Anche se alcune proposte di Blondel relative ai criteri di misurazione non mi paiono accettabili, mi sembra interessante il tentativo di ricercare indicatori empiricamente misurabili e non impressionistici, come di solito accade, del « peso » che i parlamenti hanno nei processi politici.Google Scholar

64. Cfr. Blondel, et al., op. cit. , pp. 7884.Google Scholar

65. Quando si parla di mole crescente si deve considerare sia il numero degli interventi che il loro peso specifico e la loro importanza. Alcuni possibili criteri di valutazione dell'importanza delle decisioni politiche sono proposti da Polsby, , Community Power and Political Theory, New Haven, Yale University Press, 1963, pp. 95–6; i criteri sono i seguenti: 1) numero dei soggetti interessati dagli effetti delle decisioni; 2) quanti tipi di risorse vengono distribuite; 3) quale ammontare di risorse viene distribuito; 4) in che misura viene alterata la distribuzione presente delle risorse.Google Scholar

66. La parola « capacità » è la traduzione della nozione di capability usata da Almond, (cfr. op. cit. , pp. 253 sgg.); con essa si intende la potenzialità (cioè il limite massimo) delle strutture politiche in ordine ad una data funzione. La nozione è utile in coppia con quella di « requisito funzionale » che indica invece il limite minimo di svolgimento di una data funzione richiesto da un dato tipo di sistema politico. Confrontando i due livelli si può ricavare il concetto di « sufficienza » di una capacità, che indica la sua adeguatezza ai requisiti del sistema.Google Scholar

67. Alcuni nodi di questa grossa questione sono indicati da Wildavsky, Aaron, The Political Economy of Efficiency: Cost-Benefit Analysis, Systems Analysis and Program Budgeting, in Ranney, (ed.), op. cit. , pp. 57–9. Il problema naturalmente è stato discusso a lungo dalla Welfare Economics, anche se con risultati non molto soddisfacenti.Google Scholar

68. Per un'analisi molto acuta di questa alternativa si veda Dahl, , A Preface to Democratic Theory, cit., passim; questo tema è stato comunque sempre assai vivo nella letteratura politologica americana, dando luogo a vivaci dibattiti fra i fautori di un modello di governo di tipo inglese, maggioritario (Wilson, Schattschneider) e i difensori del modello americano di checks and balances (de Grazia, Epstein).Google Scholar

69. Su questo tema della « razionalizzazione » delle decisioni e sulla problematica dei rapporti tra Scienza-Tecnica e Democrazia si veda Habermas, Jürgen, Teoria e prassi nella società tecnologica, Bari, Laterza, 1969, capp. VII e VIII. Si veda anche Friedrich, Carl J. (ed.), Rational Decision: Nomos VII, New York, Atherton Press, 1967.Google Scholar

70. Che le strutture di output, come è tipicamente la Pubblica Amministrazione, possano essere anche strutture di input è stato opportunamente messo in luce da Almond e Powell, op. cit. , pp. 212–3.Google Scholar

71. Per una tassonomia degli strumenti di controllo si veda Cotter, C., Legislative Oversight, in de Grazia, (ed.), op. cit. , p. 31.Google Scholar

27. Per l'analisi del circuito di feedback si veda Easton, , op. cit. , pp. 363 sgg.Google Scholar

73. L'istituto dell'ombudsman ha in genere anche altre funzioni che sono piú strettamente giudiziarie. Sulle esperienze scandinave di questo istituto cfr. Fusilier, Raymond, Les monarchies parlementaires, Paris, Les Editions ouvrières, 1960, pp. 189–91 e 333.Google Scholar

74. Cfr. Braybrooke, David e Lindblom, Charles, A Strategy for Decision, New York, The Free Press, 1963; e Wildavsky, , Towards a Radical Incrementalism , in de Grazia, (ed.), op. cit. , pp. 140 sgg. In questo scritto Wildavsky propone una radicale revisione del meccanismo di approvazione del bilancio che dovrebbe alleggerire gli elementi di routine e consentire spazio maggiore ad una riconsiderazione dei programmi politici (naturalmente la proposta è riferita all'esperienza americana, ma per certi principi generali può essere interessante anche al di fuori di questo ambito).Google Scholar

75. Si veda ad esempio il saggio sul parlamento brasiliano nel già citato scritto di Packenham, in Kornberg, e Musolf, (eds.), op. cit. , pp. 521582; l'autore attribuisce a quel parlamento una funzione soprattutto di legittimazione delle scelte politiche operate in altre sedi.Google Scholar

76. Riprendo la distinzione nella sostanza da Almond, e Powell, , op. cit. , pp. 66–9.Google Scholar

77. Easton, , op. cit., pp. 279 sgg. Per un tentativo di misurare il « sostegno diffuso » nei confronti di una singola istituzione politica come il parlamento, si veda Patterson, Samuel C., Boynton, G. R. e Heldlund, Ronald D., Perceptions and Expectations of the Legislature and Support for It , in « American Journal of Sociology », LXXV (1969), pp. 6276; e anche degli stessi, The Missing Links in Legislative Politics: Attentive Constituents, in « The Journal of Politics », XXXV (1969), pp. 157 sgg.Google Scholar

78. Sulle funzioni di questi simulacri di parlamenti in stati non democratici si veda Packenham, , op. cit. , pp. 536–44.Google Scholar

79. In questo senso Edelman, Murray, The Symbolic Uses of Politics, Urbana, University of Illinois Press, 1964, pp. 23 sgg. e 104-105.Google Scholar